Un ringraziamento a Pasquale Raicaldo che condividendo le mie foto aggiunge :
"Truman Capote, qui, strabuzzò gli occhi. Emozionandosi. E raccontò, ne “I cani abbaiano”, quel sentiero che “corre su rocce vulcaniche che scendono a picco”, indugiando sui “tratti in cui è meglio chiudere gli occhi: sarebbe una caduta spaventosa, e gli scogli sottostanti sembrano dinosauri in letargo”. Sono gli echi letterari di una delle più suggestive baie dell’isola d’Ischia, la Scarrupata, pareti a strapiombo su un mare cristallino: è il premio per chi, partendo dal Santuario di Montevergine, nella frazione baranese del Vatoliere, esplora il versante sud-orientale dell’isola. Arrivando ad ammirare le colorate stratificazioni geologiche, un vero e proprio museo a cielo aperto della storia, turbolenta, dell’isola: tufo e pomici, lapilli e ceneri bianche, rocce trachitiche. E poi quella che Capote definì “una strana spiaggia nascosta chiusa tra gli scogli”, con “l’acqua così chiara che si potevano scorgere le alghe marine e i movimenti guizzanti dei pesci” e “non lontano dalla riva, roccioni piatti e levigati che sembravano zattere natanti”. Suggestioni rimaste intatte negli anni: la baia della Scarrupata, tra punta San Pancrazio e Capo Grosso, impreziosisce uno dei percorsi di trekking più apprezzati dell’isola. Un caleidoscopio di colori e profumi: quelli di ginestre e fichi d’India, per esempio. Il leggero borbottio di piccoli gozzi interrompe, a tratti, il silenzio. Il tempo sembra davvero essersi fermato: Capote la racconterebbe allo stesso modo, oggi."